Il mal di schiena rappresenta la malattia più diffusa nei paesi industrializzati, a causa di fattori correlati agli stili di vita, quali obesità, sovrappeso, sedentarietà e fumo, alla postura ed all’attività lavorativa. Circa il 70% della popolazione adulta soffre di questa patologia nel corso della vita ed il mal di schiena è la principale ragione di ricorso a visita presso gli ambulatori di medicina generale, nonché la causa più frequente di assenza dal lavoro. Più di due terzi dei pazienti che soffrono di mal di schiena acuto vanno incontro, nel corso degli anni, ad una patologia dolorosa cronica, che rappresenta una vera e propria malattia invalidante. Il mal di schiena, quindi, non va visto unicamente nella sua dimensione fisica: rappresenta, piuttosto, l’espressione clinica più paradigmatica delle malattie a rilevante impatto bio-psico-sociale, per i suoi aspetti correlati alle comorbidità (ansia, depressione, disturbi del sonno), alle limitazioni funzionali, sino al vero e proprio handicap e ai conseguenti risvolti in ambito lavorativo, sociale e relazionale.
Il mal di schiena in Italia assorbe circa il 2% del PIL, tra costi “diretti”, quali quelli propriamente di tipo diagnostico-terapeutico (esami radiologici, farmaci, terapie fisiche, ricoveri impropri, ecc.) e costi indiretti (riduzione della produttività e del reddito ed aumento degli oneri sociali, per assenza dal lavoro) e, più genericamente, quelli derivanti dalla perdita di salute o della qualità della vita: stiamo parlando, pertanto, di una vera e propria emergenza socio-sanitaria! Nonostante queste premesse, si stima che ancora oggi la classe medica, nella sua globalità, curi i pazienti affetti da mal di schiena con una terapia farmacologica standardizzata, non aggiornata secondo le linee guida e senza affrontare gli aspetti legati alla prevenzione ed agli stili di vita, finalizzati, ad esempio, all’esercizio fisico ed alla perdita di peso. In altre parole, raramente il trattamento del mal di schiena prevede una vera e propria “presa in carico”: solo il 10% dei pazienti riceve cure multiprofessionali e multidisciplinari appropriate, indirizzate ai molteplici aspetti della patologia dolorosa.
L’Academy è rivolta non solo ai medici di medicina generale ma anche a tutti gli altri specialisti che più frequentemente si interfacciano con tale patologia. Il progetto si propone di colmare questo gap, culturale e professionale, fornendo una visione globale della disabilità dolorosa correlata al mal di schiena, e di fornire gli strumenti scientifici ed esperienziali idonei ad offrire una risposta adeguata ai bisogni di milioni di pazienti sofferenti.
L’Academy è un progetto didattico avanzato focalizzato sulla persona o, per meglio dire, su tutte le persone affette da mal di schiena che, dopo il lungo periodo della pandemia, hanno bisogno di un ricongiungimento tra mente e corpo, ritrovando il binomio equilibrio-ordine, indispensabile per migliorare ed ottimizzare la propria qualità di vita. In quest’ottica, nella “Low Back Pain Academy” troveranno spazio sia argomenti clinici, epidemiologici e diagnostico-terapeutici, sia approfondimenti su aspetti socio-economici, posturali, psicologici e nutrizionali: prevenzione e benessere, dunque, come aspetti qualificanti della professione medica.